DYLAN DOG #305 "IL MUSEO DEL CRIMINE".
- Sceneggiatura: Giovanni di Gualdoni.
- Disegni: Nicola Mari.
- Copertina: Angelo Stano.
- sceneggiatura: discreta ma a tratti confusa;
- disegni: mi astengo dal valutare, non sarei imparziale;
- copertina: ottima.
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G. Gualdoni, che negli ultimi tempi indossa spesso l'abito dello sceneggiatore in questa occasione proietta Dylan Dog dapprima in atmosfere gotiche a cavallo tra il 700 e la fine dell'800, successivamente torna verso i giorni nostri, nel dopoguerra, per terminare con un flash back nel passato da "bobby" di Scotland Yard dell'ex agente Dog.
Lieve accenno a una tematica sociale molto contemporanea, gli "infermieri assassini", che spesso giustificano le loro assurde azioni come eutanasia benevola o letteralmente "buona morte nell'interesse altrui", nonostante trattasi di omicidi nel vero senso del termine e mai atti d'amore.
Lieve accenno a una tematica sociale molto contemporanea, gli "infermieri assassini", che spesso giustificano le loro assurde azioni come eutanasia benevola o letteralmente "buona morte nell'interesse altrui", nonostante trattasi di omicidi nel vero senso del termine e mai atti d'amore.
L'eutanasia che riguarda questo albo è tutt’altro che disinteressata, al contrario, morbosamente inquietante.
L’idea del museo criminale potrebbe anche essere stata presa dalla rete, fonte di ispirazione il museo criminologico di Roma, di antropologia criminale di Torino (cliccare qui) oppure decine d'altri sparsi per l’Italia e all’estero, chissà forse lo sceneggiatore nel corso di una visita a uno di questi luoghi è stato colpito come il nostro Dylan da sindrome di Stendhal, con stati di allucinazione che portano a confondere la realtà con la fantasia.
E' riduttivo giudicare l'idea di Gualdoni come banale e scontata, non credo fosse sua intenzione confezionare la solita trama alla "Charlie Chan at the wax museum", peraltro ripresa fin troppo spesso sia in ambito letterario che cinematografico, l'attenzione del lettore è spinta invece verso il lato psicologico del protagonista, portato a vivere in prima persona emozioni suscitate dalle scenografie allestite nel museo e dalle opere riprodotte.
Purtroppo troppa "carne al fuoco", il finale non è scontato ma le singole storie di questo albo faticano in modo evidente a stare nelle canoniche 93 pagine.
Dal punto di vista dei disegni in questa occasione mi astengo dal commentare. Il Dylan Dog di Nicola Mari non è mai stato di mio gradimento.
Personalmente non amo nemmeno le atmosfere cupe, gotiche del tratto di C. Roi, disegnatore molto apprezzato dalla maggioranza, non posso però esimermi dall'ammettere che Roi sia il maestro delle ombre, ha un suo stile unico, un genere ineguagliabile che può indubbiamente piacere proprio perchè particolare. Quale è il genere di Mari? Non saprei onestamente.
Per cui: no comment, lascio commentare a voi.
Le copertine di Angelo Stano in linea di massima sono già difficili da criticare, questo mese comunque mi ha nettamente soddisfatto, pertanto ottimo lavoro.
Sostanzialmente un albo che non lascia traccia, archiviamo e seguitiamo a sperare in qualcosa che ci possa ancora sorprendere.
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Condivido in parte quello che hai scritto, e ti spiego il perchè: l'old boy di NICOLA MARI, anche per me ha qualcosa di strano che non riesco a spiegarmi, sarà mica perchè siamo ormai vecchi fan e quindi un pò nostalgici, da non accettare i tratti di altri disegnatori?
RispondiEliminaPoi per quanto riguarda la storia penso che molto probabilmente dopo averne fatte 305 senza parlare di tutte le altre, può capitare che sia difficile ripetersi con una che ti coinvolge dalla prima nuvoletta fino all'ultima.
Essendo anche lettore di libri mi è successo spesso illudermi per nuove storie di scrittori che apprezzo molto, dando per scontato che mi avrebbe entusiasmato e poi invece ho dovuto ricredermi.
Credo che lo stesso valga per i fumetti, tu cosa ne pensi?
Per Dylan Dog non abbiamo un autore che firma e magari ha 2 o 3 ghost writer's, è come avere decine di autori e non è certo la stessa cosa.
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